È stato trovato a casa di parenti dai poliziotti che lo cercavano da undici anni.

 Finisce così la fuga di Pietro Criaco, 37 anni, uno dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia. Era a Africo, in provincia di Reggio Calabria, il paese della sua cosca, i Cordì.
L’arresto è avvenuto grazie ad un’operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo calabrese. Soddisfatto il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, che ringrazia per il loro impegno gli «investigatori della polizia di Stato che hanno lavorato anche durante il Natale, mentre tutti quanti festeggiavano con le proprie famiglie. L'impegno nella lotta alla 'ndrangheta – ricorda Grasso – dipende anche da queste persone che si privano degli affetti dei loro familiari pur di aggiungere un nuovo tassello per rafforzare la legalità».
Pietro Criaco era ricercato dal 1997. Secondo gli inquirenti ha partecipato attivamente alle guerre di mafia avvenute a Locri nell'ultimo decennio. Nel processo «Primavera», conclusosi nel giugno del 2000, venne condannato a 19 anni insieme ai capi storici delle famiglie Cordì e Cataldo per associazione mafiosa, omicidio ed estorsione. Un soggetto pericoloso e spietato, «un sicario – racconta ancora Grasso – del quale i pentiti raccontano che si lavava le mani nel sangue delle proprie vittime».
Per Marco Minniti, ministro della Giustizia del governo ombra, si tratta di una «notizia straordinaria»: «Un colpo di quelli che lasciano il segno. L'arresto di Pietro Criaco, uno dei trenta latitanti più pericolosi del Paese, considerato la struttura armata di cosche tra le più potenti della Locride, contribuisce ad indebolire la ndrangheta calabrese, quella che spara e quella che fa sparare. Al capo della polizia, prefetto Manganelli, al questore di Reggio Santi Giuffrè, alle donne a e agli uomini della Polizia di Stato che hanno centrato questo faticoso e pericoloso obiettivo, il plauso e il ringraziamento mio e di tutto il Pd».

 

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