Lunedì 21 ottobre, alle 17.30, verrà inaugurata la mostra di ceramiche - formelle “Il fango e la luce” di Mario D’Imperio nelle sale della Biblioteca Flaminia in via Cesare Fracassini, 9 a Roma. L’esposizione, a cura di Maria Italia Zacheo, si inserisce nel calendario degli eventi della Rome Art Week e sarà aperta al pubblico tutti i giorni dal 22 al 26 ottobre (da martedì a venerdì dalle 9 alle 19 e sabato dalle 9 alle 13) con ingresso libero.

“Il fango e la luce” propone al visitatore un viaggio attraverso l’essere interiore, primitivo e inconscio. Esplosioni di corpi celesti, figure in movimento, volti di donne, archetipi e miti affiorano dalle terre cristallizzate nella cottura a mille gradi del forno e si trasformano in smalti luminosi. D’Imperio realizza le sue formelle senza un disegno preparatorio, utilizzando la tecnica del dripping. Sulla terracotta grezza i colori vengono lasciati sgocciolare con i pennelli, dando forma al soggetto, creando un sottile gioco di sperimentazione tra pittura materica e segnica.

Le sue opere, strutturate nelle quattro sezioni “Materia cosmica”, “Mater matuta”, “Danza” e “Burning”, sono un tributo alla sua terra natale, Matera, ventre materno di grotte ipogee.

La “Materia Cosmica” è il riprodursi dell'inconscio della vita, della luce e del buio, nonché dei colori con cui guardiamo l'Universo: fenditure di luce, circolarità di colori, come la materia che si compone e si scompone in un tempo e in uno spazio che non sappiamo definire. 

Materia cosmica 1

Nella “Mater Matuta” è possibile ravvisare l’eco di piccole figure femminili in pietra come le Veneri steatopigie della protostoria dell'uomo, dove l’accentuazione delle dimensioni anatomiche è stata ridotta a forme più essenziali. Si tratta di primitive rappresentazioni di una Venere mitologica, simbolo di fertilità e prosperità. D’Imperio le ripropone in rosso, colore archetipico della passione e del sangue mestruale, legato nelle società arcaiche al culto di Demetra, teofania della madre terra, tracciandole a linea, con pigmento interno al dorso, come nelle pitture del tardo paleolitico e del neolitico.

Mater matuta

La serie “Danza” è un racconto fluido. Menadi in corteo rimandano ad antichi riti coreutici e le scelte cromatiche rafforzano con pienezza il dilagare del segno. Sono espressione di una danza tribale e della follia dionisiaca, ritmata dal verso del ditirambo. I volti, appena delineati come anche i loro corpi, trasmettono un forte dinamismo dato dal movimento.

Menade danzante 1

Infine, attenta è l’esplorazione del femminile! La chiave di lettura utilizzata dall’artista è senza dubbio l’ironia. Si tratta di “donne fumetto”, a volte caricature, a volte reali, che volutamente si ispirano all’universo femminile: spigolose, goffe, umoristiche e grottesche. "Burning", ovvero donne che bruciano di passioni e di emozioni. Immagini replicate e moltiplicate ma, a differenza della produzione industriale della pop art, questi volti indicano anche un superamento nel recupero di una dimensione più artigianale dell'arte.

Nel corso dell’inaugurazione verrà anche presentato il volume “Il fango e la luce”, edito dalla casa editrice Lithos, che contiene, oltre alle opere in mostra dell’artista, i contributi critici di Maria Italia Zacheo ed Emanuele Pecoraro.

Pierfrancesco Campanella