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Il silenzio della Casta

La classe politica pensa di essere ancora fortissima. Ma gli italiani rimasti fuori dal suo recinto non stanno ad ascoltarla perché non credono più a quel che si sentono dire

CasiniEra un saraceno infuriato, Massimo D'Alema. Ma come al solito, anzi, più del solito, la sua furia era del genere freddo, senza urla né gestacci. Sedeva sul palco del Teatro Parioli con la mano destra schiacciata ad artiglio dentro il divano azzurro. E a ogni parola, scrisse un cronista dell'epoca, le unghie vi affondavano sempre di più. Come se quel cuscino, dove la sera prima stavano i pregevoli glutei di Miss Italia, potesse trasformarsi nel collo morbido di qualcuno. Un collo, aggiungo io, da strozzare.

Quella sera, il martedì 5 settembre 1995, Max era da quattordici mesi segretario del Pds. Aveva 46 anni, e il capello e il baffo intensamente neri. Davanti a lui troneggiava un Maurizio Costanzo di taglia fortissima: il padrone di casa, la casa del Costanzo Show. La balia astuta non aveva bisogno d'incitare il pargolo. Infatti, D'Alema fece tutto da solo. Annunciò che aveva deciso di lasciare l'appartamento ricevuto in affitto da un ente pubblico, l'Inpdap, a equo canone (633 mila lire mensili, 327 euro di oggi, per 185 metri quadrati). E che si sarebbe cercato una casa nuova. Stroncando la polemica che lo riguardava.

Erano i tempi di Affittopoli, lo scandalo messo a nudo da Vittorio Feltri, che allora dirigeva 'il Giornale'. Fu magistrale la mossa di D'Alema. Anche se non tappò la bocca a noi giornalisti che, diceva lui, gli davamo la caccia. Una brutta razza, "barbarica", dedita alla "cultura della violenza e dell'intimidazione". Insomma, "squadrismo a mezzo stampa", come scrisse su 'Repubblica'. Un'accusa, quest'ultima, che il compagno Max aveva copiato da un avversario ormai al tappeto, Bettino Craxi. Che qualche anno prima s'era spinto a bollarci come "squadristi della carta stampata".

D'Alema forse non lo sapeva. Ma noi dello squadrismo cartaceo godevamo nell'ascoltare la sua reprimenda. Anche perché ci veniva dal politico più tosto di quel momento. E nel godere, ci fregavamo le mani, aspettando che qualche altro dei big coinvolti si presentasse da Costanzo per annunciare che pure lui lasciava l'alloggio privilegiato. Però nessuno si presentò. E nessuno abbandonò la casetta sua.

Però la Casta ha continuato a fare spallucce. Compra case a prezzo di favore e se ne sbatte. Ci manda qualche lettera di rettifica, però non lascia il malloppo. Ma di solito se ne sta zitta, obbedendo a un vecchio detto mafioso: chinati giunco finché la piena non passa. Lo stesso fanno gli enti che hanno svenduto tante belle case.

Al punto che oggi, nonostante l'ostinazione de 'L'espresso' e di pochissimi giornali arrivati di rincalzo, sappiamo ancora ben poco di quello che è accaduto. Quanti sono i compratori eccellenti? Quanti sacchi di euro ci hanno rimesso i venditori? Silenzio. Non è vero che viviamo nell'iper-informazione. Siamo nell'epoca del sasso in bocca.

La Casta si muove così per due ragioni. La prima è che pensa di essere ancora forte, fortissima. Per questo se ne sta rintanata nei propri manieri. E sbarra le porte, alza i ponti levatoi, schiera sugli spalti i suoi armigeri. Siamo in presenza dell'unico, vero potere bipartisan. Dove s'incontrano tutte le famiglie della Casta: destra, centro, sinistra.

Nei loro fortini, le famiglie stringono patti di ferro, si dividono i bottini, fanno bisboccia, impartiscono ordini ai giornali e alla televisione. E così facendo degradano la democrazia in autocrazia. I cittadini senza potere strillano? Lasciamoli strillare. Sono soltanto dei qualunquisti, dei drogati di antipolitica, dei poveri fessi che s'illudono di fare breccia dentro muraglie più solide di quella cinese. Dunque, non meritano nessuna risposta, ma soltanto il silenzio.

Ma proprio il silenzio della Casta ci apre uno spiraglio sul secondo motivo che spiega la tenacia cocciuta di tante bocche chiuse. E che rivela la crepa nascosta nell'imponente apparato difensivo dei i partiti. Il motivo è che la Casta ormai sa che qualunque cosa possa dire non viene più creduta da un numero crescente di italiani. I cardinali e i vescovi di questa o quella chiesa politica seguitano a celebrare le loro messe cantate nei loro costosi festival, a Telese come a Bologna. I fedeli chiamati ad applaudirli, applaudiranno. Ma gli italiani rimasti fuori da quei recinti non staranno ad ascoltarli. Certi di aver udito un bla bla bugiardo.

Siamo alla pena del contrappasso per chi ha usato male il potere che gli era stato affidato. Mi hai fregato e io non ti credo più. È una regola spietata che vale anche per 'Casa nostra'. Ammesso che ci sia qualche big in grado di spiegare un acquisto del tutto limpido, pure questa perla rara perderà il proprio tempo in rettifiche inutili, in lettere senza peso, in querele che spariranno nel mare di denunce civili e penali che ormai sommerge tutti i giornali italiani.

E a proposito della carta stampata, c'è un'altra illusione della Casta che sta svanendo. Certo, i giornali possono anche essere 'silenziati', come mi disse un giorno un cinico big della sinistra. È accaduto per 'Casa nostra', come avvenne dodici anni fa per Affittopoli. Ma non si può silenziare tutta la stampa. Ci sarà sempre qualche giornale che rifiuta di tenere la bocca chiusa. E anche una sola voce, o due o tre voci come nel caso di oggi, basterà per mettere in piazza le mutande sporche di tanti baroni della Casta.

Questi baroni hanno un vizio che al Bestiario sembra spregevole. Sono sempre pronti a pontificare contro una campagna giornalistica, un libro, un'opinione che non stanno al loro gioco. Fanno i sapientoni. S'imbarcano in lezioni sussiegose. Colpevolizzano il reprobo. Lo indicano ai loro clienti come un cattivo soggetto, un nemico della buona politica, un falsario della storia. Ma sono proprio i baroni della Casta a cascare malamente dal pero. E a rivelarsi per quello che sono: mediocri, impudenti e suicidi.

Tuttavia, alla fine della fiera si apre un problema che riguarda tutti. Certo, il dramma italiano è che nessuno della Casta politica è più credibile. Il palazzo dei partiti è in mano a una sterminata banda di vu cumprà che spaccia merce falsa. Ma allora da chi è possibile comprare merce buona? In altre parole, a chi dobbiamo credere e affidare la guida di questa repubblica da rifare? Confesso di non saperlo. E mi rendo conto di essere, come tanti, di fronte a un grande vuoto. O meglio, a un abisso dentro il quale non voglio guardare. Perché il suo buio mi fa paura.

di Giampaolo Pansa


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