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L’opera prima
di Luciano Cannito: “La lettera” |
Un Piccolo Contatto |
I bambini lottano
contro la pena di morte |
di Taisia
Venturi
Luciano
Cannito non affronta il tema della pena capitale mostrandoci le immagini
crude di un’esecuzione, ne le scene del carcere nel quale George
Middletown viene rinchiuso; quello che ci premette di entrare nella vita
di questo condannato a morte, è solo lo scambio di lettere, tra
lui e una classe di bambini di un paesino dell’Aspromonte, Pandimele
Scalo. Il tutto ha inizio, con una semplice lezione d’inglese, di
una maestra, interpretata da Vittoria Belvedere, con i suoi alunni. Quest’ultimi
scopriranno presto che, il destinatario di quella corrispondenza, è
un indiano del Texas accusato di omicidio, in attesa di essere giustiziato
sulla sedia elettrica. Da questo momento i bambini diventano i principali
interlocutori e si assumono l’incarico di voler salvare quest’uomo,
anche contro la diffidenza di quelli che li circondano. Cannito dimostra
le sue abili capacità, nonostante questa sia la sua prima esperienza
nel campo cinematografico, destreggiandosi con la macchina da presa, come
un professionista al suo decimo film. I primi piani: degli sguardi, dei
visi e degli oggetti, nelle varie scene sono una dimostrazione della sua
bravura, alle quali ha unito una ricerca attenta di colori e di immagini
che permettono, di far comprendere con più incisività, la
vicenda in svolgimento, anche se mai in modo diretto. La protagonista
dal viso angelico, Vittoria Belvedere, si cala nella parte di una donna,
che provata dalla vita, si nasconde dietro un’inflessibilità
apparente. Queste
sue difese, però verranno a cadere, quando verrà coinvolta
nei fatti, dall’entusiasmo dei bambini, contro la resistenza dei
genitori, che non comprendono la situazione. Specialmente l’attore,
Gianni Federico, sa sottolineare con gesti e sguardi severi, la figura
di Sebastiano Polito, padre ostile al problema.
Non è solo un film sulla pena di morte, ma nel perimetro della
vicenda principale si affrontano: lo scandalo di Tangentopoli, un rapimento
e il potere della ‘ndrangheta. La capacità dei bambini di
saper superare i pregiudizi che ostacolano la mente dei grandi, è
il vero senso della storia e come dice la Belvedere nel film “L’innocenza
non si perde crescendo… si dimentica soltanto e qui potete riprenderla
e cominciare da capo”.
Leggi Intervista al Regista del Film: Luciano
Cannito
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