VetrinaCinema
a cura di Taisia Venturi
   
Il protagonista di Eccomi qua, parla del suo personaggio e di come si possa maturare rifiutando le responsabilità imposte
Intervista a Andrea Sartoretti
"Crescere non significa diventare una persona normale...crescere è superare questa normalità"

di Alessio Sperati

Nasce a New York, ma compie i suoi studi artistici tra Roma e Parigi. A Roma si diploma al corso di recitazione del "Laboratorio Cinema '87", a Parigi segue lo stage all' "Ecole Internationale de Mimodrame de Paris Marcel Marceau". A teatro interpreta La locandiera di Carlo Goldoni, L'ufficio e Tutto a posto, entrambi diretti da Giacomo Ciarrapico e Piccole anime di Giacomo Ciarrapico e Mattia Torre (1998). A Parigi si esibisce nello Spectacle de Mime di Laurent Clairet. Al cinema è protagonista di Piovono mucche di Luca Verduscolo (2001), Piccole anime di Ciarrapico ed ora di Eccomi qua dello stesso regista. In televisione ha preso parte a Il terzo segreto di Fatima, Strade segrete e Rei do gado.

C'è qualcosa di autobiografico nel personaggio di Matteo?

Sì, ma più di Giacomo che ha messo non la sua vita, ma alcune cose della sua vita. Il mio personaggio è un disadattato che deambula nella vita alla ricerca di un equilibrio tra ciò che c'è fuori e ciò che c'è dentro, non trovando giusta nessuna delle due realtà. È comunque una persona che ha paura dei sentimenti forti e delle cose un po' imposte, e questa paura finisce proprio nel momento della sua scelta.

Ci si può rifiutare di crescere?

Non credo. Ma non è neanche una pretesa questa del film, perché il protagonista prendendo la fatidica decisione fa un bel salto e poi se crescere vuol dire diventare una persona normale...

Parliamone di questa normalità. Cos'è la normalità, è quella che ci mostra Muccino?

Muccino racconta storie di persone normali che vengono violentate dalla forza della vita. In alcuni dei suoi film i personaggi rientrano in questa normalità malgrado loro stessi. Non credo che sia la normalità quella, ma sicuramente è quella più rappresentata. Poi bisogna andare a vedere dietro quella normalità cosa c'è: quando vedi un papà e una mamma che portano il loro figlio al cinema a vedere Walt Disney mano nella mano dici "che bella famiglia", ma chissà poi dentro le mura di casa cosa succede...

Il tuo personaggio fortemente morettiano rivela una formazione teatrale di base. Secondo te è il teatro la vera scuola di cinema?

Oltre ai film di Giacomo ho fatto del teatro, e anche un po' di stage. Non credo però che si possa parlare di un insegnamento giusto e di uno sbagliato, credo invece che si debbano istituire delle palestre per attori, per tenersi allenati, vista la precarietà dei nostri impieghi. Come il calciatore che deve giocare una partita importante ha bisogno di allenarsi, così anche l'attore ha bisogno di esibirsi liberamente, di allenarsi, più di qualsiasi scuola.


Quali possono essere secondo te alcune soluzioni per offrire più spazi ad attori e registi emergenti?

Una delle cose più importanti è che ci sia meno esterofilia. Bisogna pensare di più alla nostra cinematografia, allora si creerebbe più lavoro. Poi ci vorrebbe l'attore della mutua, così almeno ogni tanto si lavora, sai questa precarietà è faticosa specialmente quando ci sono da pagare le bollette...

Quindi la famiglia artistica che ti sei creato con Giacomo, è una famiglia che non rifiuterai?

Questa è la famiglia che ho creato io insieme a loro e mi trovo benissimo. No non la rifiuto, anzi...

L'intervista a Giacomo Ciarrapico

L'anteprima stampa (BackStage)

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