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cura di Alessio Sperati
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Un regista trentenne al suo debutto cinematografico, presenta con fervente entusiasmo la sua creatura accompagnato dalla brava Marisa Fabbri, attrice di illustre formazione teatrale. Con un passato di documentari, spot, fiction e collaborazioni eccellenti (Woody Allen, Wim Wenders e John Woo), Diego Ronsisvalle si presenta con un curriculum di tutto rispetto: ha avuto la sua formazione nella New York Film Academy ed ha frequentato anche le Classi di Sceneggiatura alla Columbia University. Negli Stati Uniti ha già diretto un suo cortometraggio dal titolo Diamonds & Sidewalks, prescelto all'Underground Film Festival di New York. La simpatia e la spontaneità che lo contraddistinguono fanno nascere ogni tipo di paragone: magari fossero tutti come lui...
Come sei giunto alla scelta di questa trasposizione cinematografica così impegnativa? Diciamo che ho fatto molta gavetta, ad un certo punto, visto che tutti mi consigliavano di farlo, ho mandato un progetto al Ministero per richiedere il finanziamento pubblico, ed è andata bene. Mi sono accorto che molti produttori erano più attenti al tipo di finanziamento piuttosto che al film stesso così ho capito che se volevo farlo come dicevo io, dovevo agire autonomamente. Girare il film in Sicilia è stata una scelta mirata per il mio ricordo di quei posti nei quali ho vissuto nella mia infanzia. Dal romanzo al film il passo è stato lungo, dato che nel libro si dava molto spazio al conflitto filosofico tra le due culture, io ho dovuto aggiungere qualcosa per dare più dinamismo alla vicenda. Il libro era sicuramente più pregno di concetti legati a religione, filosofia e scienza, ma la mia idea non era quella di fare un film verità, quanto la speranza di mantenerequanto possibile i dialoghi inalterati nella loro profondità. Ho voluto fortemente che la sede delle riprese fosse la Sicilia, la mia Sicilia, dove sono riuscito a portare la mia piccola troupe che mi ha seguito più per entusiasmo che per soldi. Maurizio Calvesi ad esempio, è stato subito molto disponibile, e mi ha fatto notare che spesso dovevamo fare in mezza giornata quello che avremmo dovuto fare in quattro giorni. È stata una cosa partita dalla volontà personale, possibile grazie all'articolo 8. Se avessi dovuto bussare a produttori vari, mi avrebbero chiesto sceneggiature accattivanti, problematiche appetibili, sarei stato fuorviato. Certo dovremo combattere con titani della distribuzione con un film che uscirà con sette/otto copie, il minimo indispensabile: l'altro giorno sono andato a vedere Il Signore degli anelli e ho chiesto "che fanno nell'altra sala?" e mi hanno risposto Il Signore degli anelli. Perche come primo film? In realtà quando mi fu detto di provare a mandare la pratica, avevo solo 48 ore per farlo, quindi ho preso la prima sceneggiatura che avevo sotto mano, quella del libro di mio padre, per il quale avevo già provato a fare degli adattamenti. Mi sembrava poi una storia piuttosto stuzzicante. In fondo Gli astronomi è un piccolo film di genere, che non racconta la solita storia di corse in macchina, di spinelli, ma qualcosa di diverso. Mi sembrava una buona idea.
La meridiana esiste davvero? Certamente, è ad Acireale. Come è vero che sotto si dice ci fossero dei tunnel, solo non si sa con certezza cosa contenessero, lì ho un po' romanzato.
Da cosa è dipesa la scelta di Marisa Fabbri per la parte del vescovo Stupendo? Ho avuto modo in passato di fare alcuni documentari per il Vaticano. Lì dentro ci sono stato per quattro mesi e mezzo, e sono venuto a contatto con svariate forme di prelati, e questi mi sembravano così eterei che era spesso difficile decodificarne il sesso. Questa impressione l'ho avuta anche con Marisa, con cui avevo già lavorato, lei ha questa abilità camaleontica, espressa anche in teatro. Pensavo inoltre all'importanza di valorizzare i dialoghi e per fare questo avevo bisogno di persone che mi garantissero questo tipo di resa, Marisa è una di queste persone. Una cosa fondamentale è che Marisa non è stata ridoppiata, è stato fatto tutto in presa diretta, è lei con la sua tecnica appresa in anni di teatro a rifare quella voce profonda e maschile, poi io le offrivo una bella Marlboro senza filtro, così risparmiavo sul sonoro.
Nel
film si percepisce continuamente un chiaro attacco alla Chiesa Cattolica
nella sua istituzione, da cosa nasce questo sentimento?
Hai
scelto di dare al film una chiara impronta teatrale, sia per gli interpreti
che per le soluzioni sceniche adottate, come mai?
Qual'è il tuo passato artistico? È vero che hai lavorato con Woody Allen? Diciamo
che mi occupavo dell'organizzazione esecutiva del film La dea dell'amore,
girato a Taormina, ma in realtà ero la guida turistica della troupe.
Mi è stata data comunque la possibilità di lavorare a stretto
contatto con persone altamente qualificate. Allen mi disse "tienimi
questa valigetta" e io ho pensato che mi avesse affidato i suoi appunti
segreti, invece poi ho scoperto che c'era il clarinetto. Poi ho lavorato
con Wim Wenders per una pubblicità di orologi. Facendo un rapido
confronto tra i due posso dire che se Allen è l'essenza del dialogo,
in Wenders vedevi un gusto estetico incredibile. Poi con John Woo, dove
ero uno dei 67 aiuto-regista, c'erano 43 telecamere che giravano insieme,
l'azione allo stato puro. Leggi "La vera storia di C.F.Peters e dell'abate Stupendo"
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