Il presidente dell’Italia dei Diritti replica alla proposta-choc dei giovani del PdL di Treviso: “Se tolleriamo un partito come quello di Bossi addirittura al governo, dove occupa quelle poltrone tanto demonizzate al grido di ‘Roma ladrona’, allora non vedo come si possa chiedere l’abolizione di altri partiti democratici”


Antonio Di Pietro
Roma – “Ci vuole una bella faccia tosta da parte della Giovane Italia di Treviso a lanciare proposte del genere, questo sempre se la proposta sia stata avanzata seriamente”.

È uno dei passaggi chiave del commento pronunciato da Antonello De Pierro, presidente dell’Italia dei Diritti, in merito all’iniziativa alquanto singolare e provocatoria promossa dalla Giovane Italia di Treviso, il movimento giovanile del Popolo della Libertà: abolire per legge quei partiti e quei personaggi pubblici che, a loro dire, inneggiano all’odio verso il premier Silvio Berlusconi. I giovani pidiellini puntano naturalmente  il dito contro l’Italia dei Valori e Antonio Di Pietro, contro Rifondazione comunista, Marco Travaglio e Michele Santoro, rei con le loro accuse di aver istigato la violenza contro il Cavaliere.

Se, invece, si tratta solo di una manovra pubblicitaria per ottenere un pizzico di visibilità, allora ci facciamo una risata, anche se ai promotori vanno i complimenti per aver ottenuto il loro scopo. Ma, partendo dal presupposto di seriosità dell’iniziativa, la cosa mi preoccupa non poco. Nascendo poi il tutto in una provincia dove il PdL coesiste in alleanza con la Lega Nord, molto rappresentativa, la proposta assume i contorni del paradosso

 

Poi, il massimo esponente dell’Italia dei Diritti rincara la dose sulla Lega Nord: “Stiamo parlando di un partito che da sempre inneggia al razzismo, all’omofobia e, quindi, all’odio verso persone considerate, secondo il loro pensiero distorto, ‘diverse’. Non dimentichiamo, per ultimi, i cori di Matteo Salvini contro i napoletani e le sempre forti e discutibili frasi pronunciate dal vicesindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini. E se odio genera inevitabilmente violenza, per quanto riguarda la Lega l’equazione è stata da sempre esplicitata da frasi che non lasciano spazio a dubbi di sorta, su tutte vorrei ricordare le seguenti ‘Il tricolore lo uso per pulirmi il culo’, ‘Imbracceremo i fucili per fermare i romani’, ‘Pulizia etnica contro i culattoni’. Perciò – prosegue deciso De Pierro – se tolleriamo, seppur a mio parere in maniera indecorosa, un partito come quello di Bossi addirittura al governo, dove occupa quelle poltrone tanto demonizzate al grido di ‘Roma ladrona’, ma che poi diventano molto comode per le terga padane, allora non vedo come si possa chiedere l’abolizione di altri partiti democratici”.

 

Quanto all’aggressione di cui il presidente del Consiglio è stato vittima domenica sera, Antonello De Pierro, nel rinnovare la sua ferma condanna verso il gesto di Massimo Tartaglia, osserva: “In questi giorni avevo deciso di non parlare della campagna di odio, spesso alimentata da Berlusconi, contro fondamentali organi istituzionali, ma in questa occasione non posso astenermi. Al contrario dei leghisti non posso affermare che il premier abbia mai istigato esplicitamente alla violenza, tuttavia non si può certamente negare che abbia usato espressioni forti contro la magistratura, contro il Capo dello Stato, contro la Consulta, contro chiunque abbia cercato di svolgere il proprio dovere istituzionale nel migliore dei modi, anche se spesso ciò era inviso al premier, e persino contro gli stessi cittadini italiani che politicamente la pensano diversamente da lui, basti ricordare quando definì ‘coglioni’ gli elettori della sinistra. Quindi, il mio invito è a stemperare i toni, a riportare la contesa nei confini del leale confronto democratico e a rispettare gli organi di garanzia previsti dalla Costituzione. Chiedere la soppressione per legge dell’Italia dei Valori equivale a dire ‘aboliamo chi in Parlamento cerca spesso invano di affermare i principi di legalità e giustizia’. Chiedere, invece, di procedere duramente contro professionisti come Santoro e Travaglio significa avere un concetto autoritario del giornalismo, volto al controllo totale dell’informazione, come già avviene in larga parte. In un paese democratico è l’informazione che controlla la politica e non viceversa, e Santoro e Travaglio, insieme ad altri pochi, stanno svolgendo semplicemente il loro mestiere di giornalisti, in un scenario desolante di servi della comunicazione mistificata genuflessi al potere”.

 

In chiusura del suo intervento il numero uno dell’Italia dei Diritti si dice d’accordo con il provvedimento di segnalare quei siti web che inneggiano alla violenza e all’odio, ma chiarisce: “Sono d’accordo con questa iniziativa, però mi suscita qualche perplessità che tali ferme prese di posizione siano emerse solo ora, mentre la presenza di gruppi facinorosi su Facebook si verifica da tempo. Mi chiedo come mai tali saldi principi non siano stati espressi per i gruppi pro-Totò Riina, per quelli che decantano la mafia o altre forme di criminalità”.