Al setaccio gli studi di settore
- Dettagli
Per l'ex ministro Fantozzi, basta riportarli alla realtà
I ministri delle finanze italiani sono come quel medico al quale il malato porta la radiografia di un parente. Parola del professor Augusto Fantozzi, ex ministro nei governi Dini e Prodi 1° , tra i massimi tributaristi italiani.
Condannati alla divinazione o al buco nell'acqua?
"Condannati a un'impresa ai confini della realtà. O meglio, della conoscenza. Il problema è adottare sistemi che facilitino la conoscenza del malato".
Che nella fattispecie sarebbe l'evasore. Cominciamo dallo strumento del quale si parla di più in questi giorni: l'anagrafe tributaria. Si è detto che funziona poco.
"Non sono d'accordo. Se c'è un tipo di 'radiografia' di cui l'Italia può andare orgogliosa è proprio l'anagrafe tributaria. Quando, da ministro, mi trovai a gestire il famoso concordato di massa varato da Tremonti, mi toccò mandare a casa dei contribuenti migliaia di cartoline perché con la privatizzazione Telecom l'anagrafe della Sogei era finita sostanzialmente in mani private. Poi tornò pubblica, proprio grazie a Visco".
E basta per la caccia agli evasori?
"Il problema semmai è che nell'anagrafe tributaria, volendo, c'è anche troppa informazione. Il rischio è che i dati vengano usati per fini 'anomali'. Perché di dati riservati e dossier, come testimoniano gli ultimi scandali, in Italia ce ne sono anche troppi".
L'altra ipotesi in ballo è un inasprimento degli studi di settore. Favorevole?
"Non vanno né ritarati né induriti. Vanno semplicemente riancorati alla realtà".
Ci faccia un esempio.
"Prendiamo un parrucchiere che dichiara di avere tre caschi asciugacapelli e in base a ciò paga una certa somma, ritenuta troppo bassa dal fisco. Per scovare il suo vero reddito, lo Stato non deve inserire l'antenna satellitare tra i parametri di reddito. E neppure deve punire tutti aumentando il coefficiente attribuito a ogni singolo phon. Deve solo mandargli un controllo in negozio per vedere se di phon, per caso, non ne abbia otto".
Non si fa prima a reintrodurre la minimum tax, come chiede la Cisl?
"No, per carità! Sarebbe una battaglia inutile e sbagliata: lo strumento è rozzo. Insisto, verifichiamo i dati sui quali si basano gli studi di settore".
Messa così sembra un gioco da ragazzi: si mandano in giro più finanzieri e ispettori delle Entrate e il gettito cresce.
"Ma è così, basta l'impiego migliore di uomini e mezzi che già ci sono. Riportare alla realtà gli studi di settore consentirebbe un recupero di gettito enorme perché riguardano il 99 per cento delle imprese".
Serve la volontà politica.
"La volontà c'è e apprezzo quello che sta facendo e dicendo Visco. Al ministro dico solo di stare attento a non impersonare la divinità castigatrice delle tasse".
A dire il vero, gli viene piuttosto bene...
"Da elettore dell'Unione, però, non mi sembrerebbe lungimirante".
Condannati alla divinazione o al buco nell'acqua?
"Condannati a un'impresa ai confini della realtà. O meglio, della conoscenza. Il problema è adottare sistemi che facilitino la conoscenza del malato".
Che nella fattispecie sarebbe l'evasore. Cominciamo dallo strumento del quale si parla di più in questi giorni: l'anagrafe tributaria. Si è detto che funziona poco.
"Non sono d'accordo. Se c'è un tipo di 'radiografia' di cui l'Italia può andare orgogliosa è proprio l'anagrafe tributaria. Quando, da ministro, mi trovai a gestire il famoso concordato di massa varato da Tremonti, mi toccò mandare a casa dei contribuenti migliaia di cartoline perché con la privatizzazione Telecom l'anagrafe della Sogei era finita sostanzialmente in mani private. Poi tornò pubblica, proprio grazie a Visco".
E basta per la caccia agli evasori?
"Il problema semmai è che nell'anagrafe tributaria, volendo, c'è anche troppa informazione. Il rischio è che i dati vengano usati per fini 'anomali'. Perché di dati riservati e dossier, come testimoniano gli ultimi scandali, in Italia ce ne sono anche troppi".
L'altra ipotesi in ballo è un inasprimento degli studi di settore. Favorevole?
"Non vanno né ritarati né induriti. Vanno semplicemente riancorati alla realtà".
Ci faccia un esempio.
"Prendiamo un parrucchiere che dichiara di avere tre caschi asciugacapelli e in base a ciò paga una certa somma, ritenuta troppo bassa dal fisco. Per scovare il suo vero reddito, lo Stato non deve inserire l'antenna satellitare tra i parametri di reddito. E neppure deve punire tutti aumentando il coefficiente attribuito a ogni singolo phon. Deve solo mandargli un controllo in negozio per vedere se di phon, per caso, non ne abbia otto".
Non si fa prima a reintrodurre la minimum tax, come chiede la Cisl?
"No, per carità! Sarebbe una battaglia inutile e sbagliata: lo strumento è rozzo. Insisto, verifichiamo i dati sui quali si basano gli studi di settore".
Messa così sembra un gioco da ragazzi: si mandano in giro più finanzieri e ispettori delle Entrate e il gettito cresce.
"Ma è così, basta l'impiego migliore di uomini e mezzi che già ci sono. Riportare alla realtà gli studi di settore consentirebbe un recupero di gettito enorme perché riguardano il 99 per cento delle imprese".
Serve la volontà politica.
"La volontà c'è e apprezzo quello che sta facendo e dicendo Visco. Al ministro dico solo di stare attento a non impersonare la divinità castigatrice delle tasse".
A dire il vero, gli viene piuttosto bene...
"Da elettore dell'Unione, però, non mi sembrerebbe lungimirante".
F.B.