In Italia si registrano 4 mila nuovi casi l'anno di infezione da Hiv, che si aggiungono a un bacino di 120 mila persone sieropositive al virus dell'Aids. E se nella seconda metà degli anni '80 l'uso di droghe per via endovenosa era correlato al 70% delle trasmissioni, oggi i tossicodipendenti rappresentano meno del 10% dei nuovi infetti.
L'Hiv si contrae quasi esclusivamente per via sessuale e i nuovi sieropositivi hanno un'età media più alta: 38 anni contro i 26 anni del 1986. A fornire il quadro della situazione è stato Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico dell'Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, partecipando nella capitale a una conferenza stampa sull'aderenza alle terapie antiretrovirali.
"Sta crescendo progressivamente - ha detto l'esperto - la quota di pazienti che scoprono il proprio stato di infezione in fase avanzata di malattia (oltre il 30%), e si stima che dei circa 120 mila sieropositivi italiani almeno un quarto sia inconsapevole del proprio stato. L'emergenza di questo 'sommerso' appare oggi come uno degli argomenti più rilevanti in termini di sanità pubblica".
Soprattutto se si pensa che il miglioramento delle terapie, con la riduzione degli effetti collaterali e la progressiva semplificazione degli schemi terapeutici, permette alla maggior parte dei pazienti di condurre un'esistenza normale e aspirare a una qualità di vita accettabile. "Bisognerebbe sdrammatizzare l'idea del test Hiv - ha sottolineato Adriano Lazzarin, primario della Divisione di malattie infettive dell'Irccs San Raffaele di Milano - e renderlo più accessibile a tutti. Stiamo pensando a un progetto per diffondere anche il test che utilizza la saliva, con sperimentazioni già partite nel capoluogo lombardo.
Effettuare l'esame facilmente, magari dal proprio medico di famiglia, ottenendo il risultato in pochi minuti, consente di tranquillizzare il paziente ed eventualmente di indirizzarlo subito a un centro specializzato per un consulto".