Sette deportati nel campo di sterminio nazista di Auschwitz scrivono il 20 settembre 1944 un breve messaggio con i loro nomi e numeri di matricola, lo infilano in una bottiglia e lo affidano non all’oceano ma alla nuda terra.

Nascondono la bottiglia sotto un muro che stanno costruendo per trasformare un vecchio magazzino in rifugio anti-aereo per le guardie del campo. Sessantacinque anni dopo, la bottiglia è stata trovata casualmente durante dei lavori di ristrutturazione di un edificio che ospita il Museo dell’ex campo di concentramento e il messaggio è tornato alla luce.

 
 

L’agenzia France Presse ha prontamente rintracciato il deportato francese, Albert Veissid: è sopravvissuto alla Shoah e oggi, a 84 anni, vive nel sud della Francia. Non si hanno ancora notizie certe sulla sorte degli altri sei firmatari polacchi del messaggio. «Non mi ricordo del messaggio, eppure ricordo tutti i particolari del campo e quel maledetto numero di matricola annotato vicino al mio nome, 12063: è proprio quello che ho tatuato sul braccio», ha detto Veissid all’Afp. Veissid, che è stato anche intervistato dal quotidiano francese `Le Point´, avanza anche un’ipotesi su chi potrebbe aver scritto la lettera ritrovata nella bottiglia ad Auschwitz: «Mi ricordo di aver stretto amicizia con un gruppo di cristiani polacchi che lavoravano per il rifornimento del campo. A volte mi davano un pò di zuppa da mangiare. Potrebbero essere stati loro a firmare il messaggio con il mio nome e il mio numero di matricola». Veissid ricorda di aver lavorato alla costruzione del rifugio anti-aereo nel campo e ritiene di essere scampato allo sterminio proprio per quel lavoro.

I nazisti sterminarono circa 1,1 milioni di persone ad Auschwitz-Birkenau, di cui un milione di ebrei tra il 1940 e l’inizio del 1945. Le altre vittime furono soprattutto polacchi non ebrei, zingari e prigionieri di guerra sovietici.

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