Quei paurosi silenzi del Tg1
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Alzi la mano chi pensava che il Tg1 potesse peggiorare dopo la dipartita di Gianni Riotta.
Obiettivamente non credevo che si potesse fare peggio in termini di servilismo e asservimento al potere. Mi sbagliavo. Augusto Minzolini, neodirettore fresco di nomina, proveniente dalla direzione della Stampa, con cui ha collaborato per quasi vent’anni, è riuscito nell’immane impresa di far impallidire perfino il suo predecessore.
Mentre sui principali giornali infuriava la polemica sull’ultimo scandalo che coinvolgeva il presidente del consiglio, mentre sulla rete rimbalzavano le interviste delle escort che raccontavano nel dettaglio i particolari più intimi dei loro incontri con Silvio Berlusconi nella residenza di Stato di Palazzo Grazioli, mentre un’inchiesta ufficiale veniva aperta e confermata dai magistrati di Bari sull’ipotesi di vari tipi di reato che vanno dall’induzione alla prostituzione, alla corruzione, al traffico di droga, l’80% della televisione italiana decideva di oscurare completamente la notizia. Qualche accenno trapelava solo grazie al Tg3.
Un silenzio pauroso, irreale, grottesco. E a capitanare lo stuolo dei telegiornali omertosi troviamo il Tg1 di Augusto Minzolini. Perchè non è che la notizia è stata spostata in decima posizione e relegata ad un trafiletto, come si usa fare quando si vuole nascondere qualcosa di troppo compromettente (vedi condanna dell’avvocato David Mills). No. Questa volta la notizia proprio è scomparsa dai media. Volatilizzata. Cancellata.
Non ricordo, pur nello scempio di un’informazione totalmente manipolata e deformata, che si sia mai osato tanto. Che si sia addirittura arrivati a cancellare dall’etere una notizia intera. Minzolini (e i suoi compari, direttori di Tg2, Tg4, Tg5 e Studio Aperto) l’ha fatto. Con spavalderia. Senza provare un minimo di vergogna. Con il risultato che milioni di Italiani si sono recati alle urne in questo ultimo weekend completamente ignari delle scandalose rivelazioni che arrivavano da Bari e che inguaiavano pesantemente il presidente del consiglio. Una tornata elettorale, dunque, palesemente falsata da un’informazione reticente e mutilata.
Poi, dopo aver taciuto per giorni, Minzolini, l’altra sera, ha deciso di parlare. Per raccontare la sua verità. Probabilmente gli saranno arrivate all’orecchio le lamentele di migliaia di internauti scandalizzati dal comportamento omertoso e francamente inconcepibile che il Tg1, telegiornale di punta del servizio pubblico, ha mantenuto su questo argomento. Con una coda di paglia discretamente voluminosa e una faccia tosta mica da ridere, è apparso sui teleschermi della Rai e ha rubato ai telespettatori la bellezza di 1 minuto e 35 secondi per spiegare il perchè della sua scelta editoriale. Il perchè del suo silenzio.
Ascoltiamo la sua lezione di giornalismo. Che nemmeno Riotta si sarebbe sognato.
Non fa tempo ad aprire bocca che si sbugiarda da solo. Apre infatti dicendo: "Ad urne chiuse, ...". Come a dire: il Tg1 non ha voluto influenzare il voto degli Italiani. Ora che le urne sono chiuse, si può parlare dello scandalo. Basterebbero queste tre parole ("Ad urne chiuse") per capire cosa intenda il neodirettore del Tg1 per libertà di informazione: la libertà di non scalfire il consenso del padrone. Da quando in qua un giornalista libero deve preoccuparsi dell’effetto che una certa notizia farà sull’elettorato? Da quando in qua la concomitanza di elezioni costituisce un discrimine per la pubblicazione di una notizia? Non dovrebbe l’unico metro di giudizio essere l’interesse che quella determinata notizia suscita nell’opinione pubblica? E’ una notizia interessante per l’opinione pubblica? Sì? Bene: la notizia si pubblica. No? Bene: la notizia è scartata. Evidentemente Minzolini ha ritenuto che gli Italiani non fossero interessati a sapere che esistono delle indagini in corso per accertare se il presidente del consiglio è implicato nella compravendita di ragazzine, in un giro di corruzione e appalti truccati.
Evidentemente Minzolini ha ritenuto che gli Italiani non fossero interessati a sapere che il loro presidente del consiglio è sotto ricatto da parte di una escort, che Berlusconi ha invitato a Palazzo Grazioli sotto lauto compenso, che ha portato a letto e a cui a quanto pare aveva promesso aiuti per le sue imprese e perfino una candidatura alle Europee.
Minzolini continua spiegando che il "Tg1 ha assunto una posizione prudente sull’ultimo gossip, sull’ultimo pettegolezzo del momento, le famose cene, feste o chiamatele come vi pare, nelle dimore private di Silvio Berlusconi". Notate la finezza del linguaggio che, con poche parole, riesce a stravolgere completamente la realtà dei fatti. Il silenzio più totale è definito atteggiamento "prudente", l’inchiesta della procura di Bari è definita "gossip, pettegolezzo", il giro di mignotte pagate a botte di 2000 euro alla volta vengono trasformate in innocenti "cene o feste, o chiamatele come vi pare".
Minzolini continua la sua lezione con una cantilena che sa di stantio. Sembra quasi una voce robotizzata. Recita. E molto male, per giunta. Non fa le pause giuste, spezza le frasi a metà. Dà l’impressione di stare leggendo un comunicato non scritto da lui e di cui non capisce neanche bene il senso.
Dice che il motivo del silenzio del Tg1 è "semplice" da capire. Questa è infatti una storia "piena di allusioni, testimoni più o meno attendibili e rancori personali: non esiste ancora una notizia certa, né un’ipotesi di reato che coinvolga il presidente del consiglio o i suoi collaboratori". Da quando in qua i giornalisti sono tenuti a decidere sull’attendibilità dei testimoni che compaiono in un inchiesta? Non dovrebbe essere quello un compito che spetta ai magistrati? Non dovrebbe bastare ad un giornalista sapere semplicemente che l’autorità giudiziaria ha aperto un’inchiesta sulla base di quelle testimonianze ritenendole evidentemente attendibili? Non capisce Minzolini che il fatto che esistano dei "rancori personali" dietro quelle testimonianze non significhi necessariamente che quelle testimonianze siano fasulle, ma anzi dimostrano verosimilmente la posizione indecente di un premier ricattabile e ricattato? Cosa intende Minzolini per "collaboratori" del presidente del consiglio? Quelli che gli gestivano il giro di escort? Perchè se è così, Minzolini, forse tu non te ne sei accorto, ma quelli, sì, sono sotto indagine.
Appunto: le indagini. Che ne pensa Minzolini? Per lui sono solo "semplici ipotesi", puri "chiacchiericci". Da quando in qua un giornalista libero ha il diritto di nascondere l’apertura di un indagine che coinvolge pesantemente il primo ministro italiano semplicemente perchè, a sua personale discrezione, trattasi di "chiacchiericcio"? Aggiunge che molto spesso questi chiacchiericci vengono poi usati per "strumentalizzazioni politiche o interessi economici". Verissimo. Ma cosa c’entra? Perchè mai un giornalista libero dovrebbe preoccuparsi delle possibili strumentalizzazioni che la politica farà della notizia? Perchè, ancora una volta, Minzolini è così preoccupato degli effetti politici che la notizia può suscitare?
Con aria da maestrino Minzolini esemplifica il problema proponendoci il paragone con il "tentativo di colpire il presidente del consiglio di allora Romano Prodi con una foto che ritraeva un suo collaboratore in una situazione definita scabrosa". Dunque, secondo il ragionamento di Minzolini, quella foto non si sarebbe dovuta pubblicare, perchè si prestava a strumentalizzazioni politiche. Da quando in qua un giornalista libero censura del materiale che potrebbe ledere l’immagine di un uomo politico? E’ questo ciò che intendeva Minzolini quando parlava di atteggiamento "prudente"?
Parla di "un improvviso moralismo che ha messo sotto i riflettori la vita privata del premier". Da quando in qua compete al giornalista decidere se un comportamento di un uomo pubblico sia morale o meno, e in base a ciò tacere o meno il caso? Non dovrebbe semplicemente limitarsi ad offrire un’informazione all’opinione pubblica, che poi autonomamente deciderà se tale comportamento è morale o no e ne trarrà le dovute conseguenze?
Con un strano sorrisino beffardo Minzolini prosegue la sua lezioncina di giornalismo spiegandoci che "queste strumentalizzazioni, questi processi mediatici non hanno nulla a che vedere con l’informazione del servizio pubblico". Conosce Minzolini la differenza tra il portare avanti un "processo mediatico" (espressione di cui Bettino Craxi ha il copyright) e il cancellare completamente una notizia? Non crede il beffardo Minzolini che possa esistere un giornalismo serio che sappia stare nel mezzo e fare informazione onesta, senza censure nè accanimento?
Sempre con quel sorrisino strafottente stampato sulla faccia, conclude parlando degli eventi a cui invece giustamente il suo Tg1 ha preferito dar risalto. Sono: il piano economico di Obama, il "caso-Iran" (sic) e la vigilia del G8. Con cotanto materiale "sarebbe stato incomprensibile privilegiare polemiche sul gossip nazionale". Ricordo solamente allo strafottente Minzolini di cosa il Tg1 è riuscito a trovare il tempo di parlare. Nell’ordine: la tromba d’aria abbattutasi sul litorale a nord di Roma, il pericolo dei pirati nel porto di Napoli, la visita del Papa a Porto Rotondo, la terribile afa che attanaglia il centro Italia, il megaconcerto per l’Abruzzo, i problemi interni della Somalia, gli arresti per pedofilia, la tremenda piaga della creduloneria e della superstizione, il costo delle vacanze in Sardegna, la rinata moda dei viaggi in pullman, l’aumento della coscienza culinaria degli Italiani, la ripresa della caccia alle balene in Islanda, il cartone animato di Obama, le prove di Formula1, la conferenza stampa di Lippi prima della partita con il Brasile. Effettivamente, con questo po’ po’ di argomenti, sarebbe stato proprio "incomprensibile" parlare dell’indagine di Bari.
Propongo a Minzolini di rileggersi le parole di un grande giornalista del passato che così parlava nell’ottobre del ’94: "Abbiamo una classe politica nuova che non ha ancora assimilato il fatto che un politico è un uomo pubblico in ogni momento della sua giornata e che deve comportarsi e parlare come tale. Il rinnovamento del Parlamento italiano è un fenomeno anche sociologico di cui la stampa deve dare conto: io non dimentico mai che il mio referente è il lettore e non il politico e che il mio compito è quello di rappresentarlo come è, senza mediazioni. Rappresentarlo anche nei suoi aspetti privati? E’ giusto frugare nella vita intima di chi ci governa? E’ utile? Oggi penso che se noi avessimo raccontato di più la vita privata dei leader politici forse non saremmo arrivati a Tangentopoli, forse li avremmo costretti a cambiare oppure ad andarsene. Non è stato un buon servizio per il paese il nostro fair play: abbiamo semplicemente peccato di ipocrisia. La distinzione fra pubblico e privato è manichea: ripeto, un politico deve sapere che ogni aspetto della sua vita è pubblico. Se non accetta questa regola rinunci a fare il politico".
Volete sapere chi era questo grande giornalista del passato che osò ai tempi pronunciare queste illuminanti parole? Biagi? Montanelli? Manco per sogno.
Tenetevi forti: si chiamava Augusto Minzolini.