La giornata di Marrazzo: prostrato, barba lunga e occhiaie profonde. Il governatore: lascio, pago la mia debolezza



L'appartamento del caso-Marrazzo

ROMA - «Ho sbagliato e pagherò. Ora voglio solo sparire, sparire a lun­go».

I suoi amici sussultano a questa frase. Davanti hanno un Piero Marraz­zo irriconoscibile: barba lunga, le oc­chiaie profonde di chi non ha dormi­to neanche un minuto, un maglione blu stropicciato al posto della solita giacca. Prostrato, debilitato, «un ma­lato ». Sono, queste, le ultime parole pro­nunciate da Piero Marrazzo prima di allontanarsi definitivamente dall’atti­vità politica e istituzionale. Pochi mi­nuti prima aveva pronunciato le paro­le più difficili del suo mandato di go­vernatore: «Ho deciso di autosospen­dermi immediatamente e ho conferi­to al vicepresidente Montino la dele­ga ad assumere la responsabilità di governo e di rappresentanza, rinun­ciando a ogni indennità e beneficio connessi alla carica. Ho detto la verità ai magistrati prima che la vicenda fos­se di dominio pubblico. Si tratta di una vicenda personale in cui sono en­trate in gioco mie debolezze inerenti alla mia sfera privata». Parole attese, ma che hanno riaper­to immediatamente la corsa alla suc­cessione.

E il Pd ha deciso che il candi­dato per le regionali sarà scelto con le primarie di coalizione. Per i nomi si va da Enrico Gasbarra a Silvia Costa, da Walter Veltroni a David Sassoli (ma negano tutti di volersi impegna­re) per il Pd, Stefano Pedica per l’Idv, Luigi Nieri e Patrizia Sentinelli per Si­nistra e Libertà e — a sorpresa — Bru­no Tabacci dell’Udc. L’ultimo atto pubblico di Marrazzo ha chiuso una vicenda che da quando era diventata di dominio pubblico aveva costretto l’ex presidente ad an­nullare tutti gli impegni ufficiali. An­che quelli più importanti: giovedì po­meriggio doveva partecipare, alla pre­senza del presidente della Repubbli­ca, agli «Stati generali dell’Antima­fia », all’Auditorium. Saputo che il Quirinale si era infor­mato, con discrezione, circa la sua eventuale presenza, Marrazzo ha pre­ferito rinunciare per evitare possibili imbarazzi. E, dopo un vertice di mag­gioranza, è rimasto a lungo da solo nel suo ufficio. Anche venerdì ha fat­to lo stesso, è uscito dalla Regione so­lo dopo mezzanotte: destinazione Col­le Romano, una comprensorio di lus­so lungo la via Tiberina, a dieci chilo­metri da Roma, dove aveva abitato a lungo con moglie e figlia in un villino adiacente a quello dei suoceri. Lì lo aspettava sua moglie, la giornalista del Tg3 Roberta Serdoz.

Un saluto freddo prima della drammatica con­fessione, interrotta da pianti e silenzi. Un colloquio andato avanti fino all’al­ba nel tentativo di ricomporre quello che, inevitabilmente, era andato in frantumi. Poi Roberta è andata a dormire nel villino vicino, quello dei genitori, do­ve era rimasta la figlia. L’aveva porta­ta lì per proteggerla dalla tensione, dalle discussioni, dai chiarimenti ne­cessari. Piero Marrazzo a dormire ne­anche c’è andato, distrutto com’era. Poco dopo l’alba è uscito con l’auto privata per andare a incontrare la fi­glia più grande, già maggiorenne. Lì è stato raggiunto da un Sms dal­la moglie: «Sono distrutta». Roberta Serdoz gli ha comunicato in questo modo, con un sms, la decisione di ab­bandonarlo e di partire per qualche giorno con la loro figlia di otto anni.

Ieri, per l’ultimo appuntamento isti­tuzionale Piero Marrazzo ha scelto una sede non istituzionale, Villa Picco­lomini, dove prima di dettare alle agenzie la nota sulla sua autosospen­sione ha sussurrato ancora agli amici: «Sono pentito, ho sbagliato e adesso sono pronto a pagare. Mi è crollato il mondo addosso, di colpo. E non vo­glio farmi vedere in giro almeno per un po’, non voglio apparire, non vo­glio dichiarare nulla: tutto ciò che chiedo, adesso, è sparire». E poi le ha anche ripetute, queste parole, ha guar­dato negli occhi i suoi collaboratori più fidati e ha detto loro che era il mo­mento di andarsene: «Basta, voglio sparire». L’ha ripetuto più volte, facendo ve­nire brividi di preoccupazione a quel­li che in questi anni gli sono stati più vicino, e che anche ora, in questo mo­mento terribile, hanno deciso di rima­nergli accanto. In ogni caso, il suo ca­po ufficio stampa Sandro Cristaldi e il suo portavoce Nicola Zamperini a me­tà giornata hanno dato le dimissioni, le hanno consegnate nelle mani di Esterino Montino, colui che traghette­rà la Regione fino alle prossime elezio­ni: il primo atto di Montino reggente, così, è stato respingerle. Ma comun­que quei due, anche ieri, hanno conti­nuato a fare ciò che facevano: sono stati con Marrazzo, e anche ieri fino a sera. Poi, poco prima di mezzanotte, sono andati via, ciascuno a casa pro­pria. E chissà come deve essersi senti­to l’ormai ex governatore del Lazio, in quella casa grande e così silenziosa, di colpo completamente solo.

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