Proteina scoperta da ricercatori italiani apre la via a nuovi trattamenti

 

 

Un gruppo di scienziati italiani dell'Istituto per la ricerca e la cura sul cancro di Candiolo, nella provincia di Torino, ha isolato una proteina in grado di determinare o meno la divisione e la moltiplicazione cellulare in alcuni tumori.

 

La proteina è stata battezzata Semaforina E3, proprio perché alla stregua di un semaforo stradale può dare via libera ai meccanismi che generano la formazione delle metastasi. I ricercatori tentano ora di trovare il modo per disattivare la molecola. Quando ci riusciranno, alcuni tipi di cancro saranno sconfitti per sempre, ad esempio il tumore del colon retto, fra le neoplasie più difficili da contrastare, e il melanoma.

Altri tumori, come quello al seno, potranno beneficiare di una personalizzazione della cura, migliorando così l'efficacia del trattamento. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Journal of Clinical Investigation, sulle pagine della quale il prof. Luca Tamagnone dell'Ircc di Candiolo dichiara: “sulle semaforine stiamo lavorando dalla fine degli anni '90 e, delle venti individuate, siamo riuscite a selezionare quella che dà il via libera alle metastasi, la E3, appunto: c'è un collegamento tra i livelli presenti e la separazione delle cellule tumorali. In laboratorio, sulle colture e sulle cavie, siamo riusciti a 'spegnere' questa molecola, bloccando la quale si fermano le metastasi. Rispetto al passato le ricerche si sono velocizzate. Non passano più decine di anni. Io non sono in grado di azzardare pronostici, ma sono diverse le cose importanti che per la Semaforina E3 vanno sottolineate. L'aver individuato il target da colpire consente di lavorare sui possibili rimedi mirati, anche se questo obbiettivo non è dei più facili e quindi non attrae grossi investimenti da parte delle case farmaceutiche. I risultati fin qui conseguiti dovrebbero suscitare nei giovani l'interesse per la ricerca. E, non ultimo, speriamo di trovare sponsor per questa ricerca, finanziata quasi integralmente dall'Airc".

Nello stesso numero della rivista compare un’altra ricerca dell’istituto di Candiolo, finanziata dalla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro e dall’Università di Torino. In questo caso, i ricercatori guidati da Alberto Bardelli hanno scoperto che l’Everolimus, un farmaco finora utilizzato solo nel carcinoma del rene, è efficace anche per quelli del colon retto che presentano una particolare variante genetica.

Spiega Bardelli: “questo farmaco si usa da un paio d'anni per il carcinoma renale. La novità è la possibilità di utilizzarlo per altri tipo di neoplasie, al colon retto e alla mammella, senza doverlo testare prima su tutti i pazienti malati di cancro. Diversamente dalla chemioterapia, che 'spara a mitraglia', è a bersaglio molecolare. Si è rivelato efficace, dagli esperimenti in vitro e dalle prove fatte sui tessuti umani, sulle cellule del tumore al colon retto che hanno una mutazione dei geni Pik3ca e Pten". Bardelli e i suoi colleghi puntano a una personalizzazione sempre più accentuata delle cure per il cancro: “in futuro non si distingueranno più i tumori per sede d'organo, ma per mutazione genetica. Questo vuol dire, in concreto, dare al malato il farmaco giusto sulla base delle lesioni molecolari del cancro che ha".

 

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