Casini volta le spalle a Silvio. E Berlusconi rilancia: «Abbiamo fatto quattro riforme in sette giorni»
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«Sono coniugato stabilmente e non cerco fidanzamenti». Pier Ferdinando Casini chiarisce che sono gli altri a «bussare alla porta dei centristi» e rispedisce al mittente le "avances" arrivate dalla maggioranza di centrodestra dopo la rottura con i finiani.
Si dice sicuro che nessuno dei suoi passerà con Berlusconi, «siamo blindati». Quello che serve, invece, secondo il leader Udc, è un governo di unità nazionale che «affronti il capitolo delle grandi riforme». Perché «il paese ha bisogno di un governo che governa, invece questo governo tira a campare». I centristi quindi non entreranno nell'esecutivo Berlusconi. Nemmeno Alleanza per l'Italia di Francesco Rutelli è disponibile a confluire nella maggioranza. In ambienti vicini all'ex sindaco di Roma il messaggio è chiaro: «nessuno pensi di spendere il nome di un movimento politico che è nato in modo coraggioso, nuotando controcorrente per operazioni balneari. Detto in cinque parole, non c'è trippa per gatti». Lo stesso appello è arrivato dall'Italia dei Valori. Antonio Di Pietro ha chiesto a Silvio Berlusconi di andare in Parlamento «per contare la sua maggioranza». Ma, al contrario di Pd e Udc vuole il ricorso a nuove elezioni per «evitare al paese di finire in macerie». Sempre dall'Idv Nello Formisano avverte: «le crisi politiche vannno vissute dentro il parlamento e non fuori di esso e magari attraverso una compravendita che non fa onore a chi la pratica».
La maggioranza prosegue sulla sua strada. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di fronte alle richieste di verifica parlamentare rilancia. E in una nota sottolinea che «nel corso di questa settimana il governo ha ulteriormente rafforzato il proprio profilo riformatore approvando quattro provvedimenti contro tante chiacchiere». Il riferimento è alla manovra economica, alla riforma dell'Università, al disegno di legge sulla cinematografia, al nuovo codice della strada. Berlusconi a palazzo Grazioli ha incontrato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e l'onorevole Anna Maria Bernini, considerata in passato vicina ai finiani e che potrebbe diventare il nuovo vice ministro allo Sviluppo Economico. Dicastero al quale andrebbe Paolo Romani. Intanto si avvicina il primo banco di prova per il governo: la mozione di sfiducia delle opposizioni al sottosegretario Giacomo Caliendopresentata alla Camera. «La maggioranza non è variata nei numeri ma si riarticolata sul piano parlamentare», puntualizza il deputato finiano Bendetto Della Vedova che ribadisce: «appoggiamo il governo che c'è e che deve fare tante cose, ad esempio il federalismo. Non c'è ragione per cui il governo cada». La situazione smuove anche la programmazione estiva della Rai. E la direzione generale sta valutando la possibilità di modificare i palinsesti per mandare in onda edizioni speciali di Ballarò e Porta a Porta. Giovanni Floris è pronto a rientrare martedì per uno speciale. Bruno Vespa frena. I contratti della sua redazione sono scaduti e riprenderanno a settembre. L'Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, invita l'azienda ad affidare ai tg gli spazi di approfondimento per seguire l'evoluzione della situazione politica.
Quella di Casini è più o meno la stessa linea diMassimo D'Alema. Secondo il leader Pd «sarebbe giusto formare un governo di transizione che affronti la crisi sociale ed economica e consenta una nuova legge elettorale». Un governo per il quale l'ex premier non esclude un dialogo con Gianfranco Fini. «Considero Fini un uomo di destra come è, ma un uomo di destra preoccupato della difesa della legalità, che ha senso dello stato e che rappresenta quindi una destra diversa da Berlusconi con la quale credo sia giusto discutere dei grandi problemi del nostro paese».
Sempre dal Pd Pier Luigi Bersani ha invitato il presidente del Consiglio ad andare a riferire alla Camera. «Il governo non c'é più - ha detto il segretario - e le camere devono affrontare la crisi».
Diversi finiani, al momento dell'avviso di garanzia che ha raggiunto il sottosegretario alla Giustizia nell'ambito dell'inchiesta sulla cosidetta P3, lo avevano invitato alle dimissioni - come avvenuto con il ministro Brancher e il sottosegretario Cosentino, oggetto anche loro di mozioni di sfiducia delle opposizioni, poi decadute - avvertendo che in caso di votazione parlamentare avrebbero sostenuto la mozione dell'opposizione.
Nel Pdl sono momenti tutt'altro che tranquilli. «Non ci lasceremo cuocere a fuoco lento dai finiani» promette il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchito. «Vedremo ora come si comporteranno in Parlamento», ma «di certo nè il presidente del Consiglio nè il Pdl sono disponibili a farsi cuocere a fuoco lento facendosi condizionare di volta in volta su ogni provvedimento. Se così sarà, si dovrebbe subito tornare a votare».