Il presidente dell’Italia dei Diritti: “Salari del genere sono uno schiaffo a chi fatica per arrivare a fine mese. La riduzione dei costi si può ottenere allontanando la partitocrazia dalla tv pubblica”

Roma – “Di fronte a questi compensi corrisposti con denaro pubblico resto interdetto. È un vero scandalo, anche perché tra coloro che contribuiscono a pagare tali stipendi faraonici ci sono anche precari, cassintegrati, spesso licenziati, e ricercatori retribuiti con salari da fame. Una vera beffa per tutte queste persone che vedono alcuni personaggi televisivi condurre una vita da nababbi con soldi statali”. Il leader dell’Italia dei Diritti, Antonello De Pierro, parla a ruota libera con tono severo degli esorbitanti cachet che ricevono presentatori e personaggi televisivi della Rai. In un momento di grave crisi economica come quello che sta vivendo il Paese, fa un certo effetto leggere cifre astronomiche erogate dal servizio radiotelevisivo pubblico, quindi con il contributo di tutta la collettività nazionale, alla quale poi si chiede di sopportare gravosi sacrifici finanziari.

 

“La nostra posizione contraria in merito alla sproporzione di questi stipendi è netta e irremovibile”, dice ancora il presidente del movimento nazionale. Infatti, dalle voci trapelate attraverso organi di stampa e on-line, sono emersi alcuni degli emolumenti più onerosi che mamma Rai versa nelle tasche dei suoi figli più fortunati: Antonella Clerici, dopo la conduzione dell’ultimo “Festival di Sanremo”, ha strappato un nuovo contratto da 1,8 milioni di euro all’anno. Il suo successore sul palco dell’Ariston, Gianni Morandi, dovrebbe intascare invece 1,1 milioni di euro per cinque serate. Simona Ventura, presentatrice di “Quelli che il calcio” e de “L’Isola dei Famosi”, guadagnerebbe intorno a 1,5 milioni di euro annui. Carlo Conti, mattatore di molte trasmissioni Rai, percepirebbe all’incirca 1,3 milioni di euro a stagione, mentre l’anchorman Bruno Vespa dovrebbe accontentarsi, si fa per dire, di soli 1,2 milioni di euro.

 

Discorso particolare quello del popolarissimo Fabio Fazio: a fronte delle polemiche sorte sui cachet degli ospiti di “Vieni via con me”, alcuni dei quali, come Roberto Benigni, costretti a partecipare a titolo gratuito, il buon Fazio si porterebbe a casa qualcosa come due milioni di euro all’anno, ergendosi in assoluto a primo della lista dei “paperoni” di viale Mazzini. In posizioni intermedie ma comunque molto redditizie si collocano Pippo Baudo con 900 mila euro di entrate annue, il discusso Michele Santoro (715 mila euro), Serena Dandini (700 mila euro). Tra i “più poveri”, invece, spiccano i giornalisti di Rai Tre Giovanni Floris con 450 mila euro e Milena Gabanelli, ultima della classifica con il suo cachet di “appena” 150 mila euro a stagione.

 

Davanti a queste cifre le parole di De Pierro sono inequivocabili: “Stipendi del genere, spesso non meritati, rappresentano uno schiaffo morale a chi fatica per arrivare a fine mese, anche per tutti coloro appartenenti allo staff che permette ai faraoni del video di poter godere di tali privilegi pecuniari. La riduzione di questi costi deve essere un imperativo imprescindibile e si può attuare solo dopo aver allontanato i tentacoli sempre più avvolgenti della partitocrazia dalla televisione pubblica. Non serve fare riferimenti nominativi, è il sistema intero ad essere sbagliato. Basta fare mente locale e porre l’attenzione sul fatto che nelle redazioni giornalistiche della tv di Stato lavorano con professionalità impeccabile centinaia di dipendenti che potrebbero condurre magistralmente le stesse trasmissioni, evitando di sprecare tanto denaro per accontentare chi spesso è in quota a questa o a quella formazione politica”.

 

“Purtroppo  –  continua il numero uno dell’Italia dei Diritti, ampliando lo spettro della sua analisi –, il problema Rai si trascina annoso da lunghissimo tempo, per favorire quello che è stato l’avvento di Berlusconi e poi del berlusconismo, che ha avuto magari anche qualche piccolo lato positivo, ma tuttavia perso in un oceano di elementi socialmente deleteri. Per tanti anni si è evitato di legiferare in materia radiotelevisiva e si è contribuito a creare un monopolio privato, salvo poi legalizzare l’illegittimo, dopo varie pronunce della Consulta, a colpi di decreti e questioni di fiducia, e mi riferisco ancora alla Prima Repubblica. Le responsabilità di tutto ciò ricadono sulle coscienze di personaggi che ancora imperversano nel panorama politico, anche esponenti di sinistra, che ora fanno finta di opporsi alle gestioni governative berlusconiane. Ciò ha comportato un degrado morale e culturale che l’Italia e diverse generazioni hanno dovuto pagare come conto di politiche non nell’interesse collettivo, ma volte a salvaguardare la tutela affaristica di pochi. Una Rai lottizzata dai vari partiti, nessuno escluso o quasi, che ha avuto il grande merito nei primi decenni successivi al secondo conflitto mondiale, di favorire l’unificazione glottologica degli italiani, laddove la scuola aveva fallito. Quella stessa Rai – chiosa De Pierro – che col tempo è stata sempre più allontanata dal ruolo predominante di veicolo culturale, sempre più mercificata e sacrificata sull’altare degli interessi dei mercanti del tempio”.