L'attacco a Parigi. Caos in Europa e Italia possibile obiettivo. Ma chi finanzia l'Isis?
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Parigi sotto shock: primo atto di guerra in suolo Europeo e la minaccia verso l'Italia. Come si finanzia l'Isis? Dove prende la sua forza militare?
di Fitzwilliam Darcy
La strage di Parigi non può che sconvolgere chiunque si fermi a pensare a quanto è successo e a quanto potrebbe ancora succedere non soltanto in Francia, ma in tutti gli altri paesi europei, compresa l'Italia. È il momento, però, di fare il punto della situazione: il numero dei morti è al momento di circa 120 ma il numero è destinato a crescere e si tratta del primo vero e proprio attacco sul suolo europeo da parte dell'Isis. Si tratta, infatti, di un vero e proprio attacco, un atto di guerra organizzato in maniera chirurgica e che ha voluto colpire la Francia per il suo impegno bellico in Siria: il discorso è tragicamente 'semplice', i francesi portano guerra nel territorio dello Stato Islamico e gli islamisti portano la guerra nel cuore dell'Europa. La prima reazione che si è levata alta è stata quella di portare una vera guerra nello Stato Islamico, non per procura ma con truppe di terra e milizie schierate, ma non è detto che sia questa la soluzione. Gli attentatori, a quanto pare, sono francesi ed è chiaro che la forza dell'Isis non è soltanto nelle sue armi ma nella capacità di fare presa su una parte della popolazione: fare una vera guerra all'Isis significa aprire il fianco ad attentati continui sul nostro territorio. Il nemico non è soltanto quello che abbiamo di fronte, ma è interno alle coscienze di molte persone: come fare per debellarlo?
Il prossimo attentato sarà in Italia?
L'Isis, dopo aver rivendicato la strage di Parigi, ha annunciato che si tratta soltanto del primo attacco, lasciando intendere che presto ve ne saranno degli altri. Le città 'citate' sono state tre: Roma, Londra e Washington. Nella capitale si sta organizzando il Giubileo ed è chiaro come rappresenti, soprattutto dal punto di vista religioso, un obiettivo sensibile: il livello di allerta deve essere altissimo, ma è chiaro che si tratta di una tipologia di 'guerra' che difficilmente può essere fermata e difficilmente un attacco del genere può essere previsto. La soluzione non può essere quella della 'caccia alle streghe' già evocata dal titolo di Libero che parla di 'bastardi islamici' o da Salvini, accusato da più parti di fare campagna elettorale anche quando i corpi dei morti parigini sono ancora caldi. Il problema, comunque, si pone anche su un altro piano: chi finanzia l'Isis? Chi vende le armi al Califfato?
Chi finanzia l'Isis
Il modo attraverso cui l'Isis si finanzia è la vendita del petrolio: secondo un calcolo svolto alcuni mesi fa, lo Stato Islamico incassa dalla vendita del greggio circa 3 milioni di euro al giorno, una cifra che permette di poter organizzare non soltanto uno Stato ma anche gli attacchi in altri territori. Per vendere il petrolio è chiaro, però, che ci sia bisogno di chi lo acquista e per avere tante armi e un'organizzazione militare così ben congegnata è altrettanto chiaro che ci sia bisogno di qualcuno che venda queste armi al Califfato. Insomma, lo Stato Islamico è un prodotto anche di grandi errori dei paesi occidentali: acquistare il petrolio di contrabbando, come a quanto pare è avvenuto in Europa e in Occidente come segnalato da un articolo de La Stampa dell'anno scorso, e vendere armi all'Isis significa fare grandi affari ma significa anche esporsi a quanto sta succedendo.
È chiaro comunque che gli immigrati abbiano poco a che fare con quanto sta succedendo e bisogna essere lucidi nelle analisi: gli attentatori sono parigini, non migranti; fare propaganda in quella direzione non ha senso. Bisogna mantenere la lucidità e capire come colpire realmente lo Stato Islamico, una prima ricetta sarebbe quella di non comprare il petrolio e di non vendere le armi.