La crisi economica del Brasile: il caffè una via d'uscita?
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Il Brasile sta affrontando un momento estremamente buio dal punto di vista economico. Il cambio tra real e dollaro, infatti, è fermo a 3,86, che non si discosta molto dal momento di maggior picco della crisi economica del 2001 (allora il cambio era a 4). Il presidente Dilma Roussef e il ministro dell’economia Joaquim Levy hanno annunciato misure di austerità, ma questo non ha minimamente scosso il mercato. Nonostante il secondo, si sia dichiarato estremamente ottimista sulle possibilità di ripresa del paese attraverso l’economia che si basa sull’esportazione del caffè, bisogna analizzare bene la situazione per capire se questo possa essere possibile o meno.
Il Brasile, infatti, viene chiamato “il gigante del caffè”. Produce, all’incirca, cinquanta milioni di sacchi l’anno e questo lo piazza al primo posto tra i produttori di caffè a livello mondiale. Inoltre, viene prodotta in questa nazione prevalentemente la qualità arabica, che è la qualità più pregiata di caffè esistente. Grazie al basso contenuto di caffeina e alla minore acidità del gusto viene prediletta alla qualità robusta, che ha invece un sapore più aspro ed è prodotta da un tipo di pianta più resistente, la coffea canephora. Quest’ultimo fattore è però una lama a doppio taglio. La qualità arabica, infatti, seppure abbia un prezzo maggiore, è molto più delicata rispetto alla robusta. Questo fa sì che questa pianta soffra molto dei periodi di siccità che hanno afflitto il Brasile nell’ultimo anno. Molti coltivatori si sono visti costretti a buttare il raccolto a causa dell’appassimento dei chicchi di caffè e questo ha, senza ombra di dubbio, dato un ulteriore colpo all’economia del paese.
Il ministro dell’economia ha, però, intenzione di attuare una politica per incentivare le esportazioni, ma questo potrebbe non bastare a riavviare l’economia del paese. Gli analisti, infatti, prevedono che il valore delle esportazioni salgano nei prossimi anni di duecentotrenta miliardi di dollari. Ma le previsioni all’inizio dell’anno scorso erano di ben trecento miliardi. Se consideriamo, inoltre, il fenomeno dell’inflazione, il pil non dovrebbe, in realtà, avvertire un incremento, anzi, potrebbe essere soggetto ad un calo.
Le conclusioni che possiamo trarre da queste analisi evidenziano come il caffè non possa costituire una via d’uscita dalla crisi economica in Brasile. Bisogna, inoltre, considerare che le condizioni metereologiche potrebbero infierire e che anche questo campo possa subire un calo, mettendo in crisi soprattutto i piccoli coltivatori.
La politica Brasiliana dovrebbe, invece, puntare ad una riforma approfondita delle istituzioni, cercando di agevolare i numerosi poveri che vertono spesso in condizioni pessime e di grande degrado. Le istituzioni dovrebbero essere ripulite da tutti coloro che si arricchiscono grazie alla politica e al loro posto andrebbero messe persone in grado di aiutare concretamente la popolazione.
Tralasciando il discorso sociale, è comunque sconsigliato investire nel Brasile, perché, al contrario di quello che affermano i politici del posto, le possibilità di ripresa economica di qui a breve sono veramente scarse e non basta incentivare l’esportazione dei beni primari per sovvertire la crisi e far sì che questo paese continui a crescere.