Come cambia il prezzo del petrolio dopo il fallimento di Doha
- Dettagli
L’andamento della quotazione del petrolio in questi primi mesi del 2016 si è districata tra alti e bassi, senza un cenno di sosta. Durante il mese di gennaio 2016 il mercato del petrolio si è trovato nel peggior momento possibile: la quotazione dell’oro nero era calata al di sotto del valore di $29 a barile, un minimo che non si toccava da oltre 13 anni.
Un crollo del genere è stato causato soprattutto dalla spietata guerra dei prezzi che portava avanti l’Arabia Saudita con lo scopo di tagliare fuori i grandi produttori americani di shale oil, oltre ai nemici “di sempre” come Iran e Russia. L’Arabia Saudita puntava quindi a monopolizzare il mercato del petrolio e la politica dell’OPEC non aiutava di certo, dato che non vi era nessun tetto alla produzione né nessun taglio all’output. Da non dimenticare la presenza costante di un’offerta di gran lunga superiore alla richiesta, con le scorte di barili di greggio a livelli record. Non solo, durante il primi 30 giorni del 2016 anche l’economia cinese ha subito un ulteriore rallentamento, facendo diminuire notevolmente la domanda di petrolio.
Proprio nella scorsa settimana, si è tenuto a Doha, in Arabia Saudita, uno dei più importanti meeting tra produttori petroliferi. I partecipanti erano sia i paesi produttori dell’OPEC che extra OPEC, con l’Iran come invitato speciale. Tra le proposte che si sono discusse, vi era proprio quella su un ipotetico congelamento della produzione del petrolio, per far così riassestare la discrepanza tra domanda e offerta. Molti analisti finanziari avevano aspettative negative riguardo questo meeting, considerando che tra i vari paesi vi erano visioni differenti e difficilmente conciliabili. Per esempio, l’Arabia Saudita aveva intenzione di congelare la produzione solamente se tutti gli altri Paesi avrebbero fatto lo stesso (per continuare così a mantenere il primato) ma dall’altro lato non tutti erano d’accordo, in primis l’Iran che avrebbe congelato i livelli di produzione solo dopo che fossero tornati ai livelli precedenti alle sanzioni ricevute per la questione sul nucleare.
Il mercato del petrolio quindi se lo aspettava e il fallimento del meeting di Doha tra i principali produttori petroliferi mondiali non ha sorpreso quasi nessuno. Tutta l’attenzione adesso è spostata alla prossima riunione dell’OPEC, che si terrà nel mese di giugno. Nel frattempo la quotazione del prezzo del petrolio non è crollata come buona parte degli investitori si aspettava. Gli investitori istituzionali avevano puntato forte sulla possibilità di un accordo e quindi relativo rialzo del prezzo del petrolio: secondo i dati della Commodity Futures Trading Commission, le posizioni long da parte di Hedge Fund e investitori istituzionali erano aumentate dell’11% nella scorsa settimana, proprio in vista del meeting di Doha.
Eppure, nonostante questi presupposti, come si può vedere dal grafico di meteofinanza.com sulla quotazione del petrolio in tempo reale, la situazione non sembra proprio ribassista. Sembre quindi che buona parte degli investitori non abbia fretta ed è normale che vi sia stato un momento di ribasso nella giornata di lunedì subito dopo il meeting di Doha, perché vi è stato un ridimensionamento delle posizioni long per quanto riguarda il prezzo del petrolio.
In poche parole, gli investitori ancora credono che nel lungo termine la quotazione del petrolio sia destinata ad aumentare e non a calare ulteriormente. L’andamento del petrolio risulta quindi incerto per il breve termine e tutta l’attesa è rivolta alla riunione dell’OPEC di giugno, momento in cui il prezzo del petrolio potrà prendere una netta svolta. In questi mesi di attesa, è possibile che il prezzo del petrolio torni comunque sui suoi passi, ma difficilmente dovrebbe scendere sotto il livello di $34-35 a barile ed è probabile che inizi una fase di trend laterale fino al mese di giugno.