Caos Sanremo, vince Scanu. L'orchestra in rivolta sceglie Cristicchi e Malika
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La favola marcia di Sanremo, abitata da piccoli Frankenstein cresciuti nelle fabbriche del consenso e da una lunga teoria di principi e regine, è tenuta in vita dalla mistica potentissima e oscura del televoto. Una specie di claustrofobica dittatura televisiva, che ha portato sul podio del festival di nuovo “Amici”, con il prodotto Mediaset chiamato Valerio Scanu, catapultato sull’Ariston sull’onda di un popolo di blogger e fan attaccati freneticamente ai propri cellulari, un micidiale virus capace di incoronare su una tempesta di fischi e di grida l’ultimo dei Savoia, il Pupo e il tenore con “Italia amore mio”. Terzo, grazie alle larghe intese, Marco Mengoni, costruito pezzo per pezzo dal marketing Rai nelle officine di “X Factor”. Una potenza di fuoco che non poteva che schiacciare la sinuosa voce vellutata e marocchina di Malika Ayane e la paradossale ironia di Simone Cristicchi, un virus infinitamente più virulento del nomadismo di Irene Fornaciari e persino del cinismo mortifero di Povia.
Sanremo è anche questo. È una finale che fa tremare il paese catodico, è la Clerici che invoca “il popolo sovrano”, sono le urla dell’Ariston (“venduti, venduti!”), è l’orchestra del festival che strappa per protesta gli spartiti, sono le “Tagliatelle di nonna Pina” e la banda dei carabinieri che suona “Guerre stellari”. Certo, è anche Maurizio Costanzo che accoglie sul palco tre operai di Termini Imprese e coinvolge Bersani, seduto in terza fila insieme alla figlia Elisa di 26 anni (“Sempre meglio a Sanremo che sui tetti”, dice lui rivolto agli operai), è quella parte della platea che reagisce vociando, finché Costanzo fa parlare – par condicio – anche il ministro Scajola.
Il segretario del Pd, nel pomeriggio braccato da giornalisti e fotoreporter come fosse un animale raro, si è ritrovato a notte fonda al Dopofestival di Youdem a cantare insieme al popolo dei festivalieri “irregolari” del Pd un Celentano doc.
Alla fine, è una specie di tumulto mediatico arrivato a materializzarsi nei tumulti veri e propri che hanno accolto, venerdì notte, il principe Emanuele Filiberto davanti al ristorante “Da Vittorio”. Un folla (un’Italia) spaccata in due, una massa ondeggiante e compressa in mezzo alla piccola piazza occupata da masse di sedicenti vip, turisti e festivalieri. “Vergogna, vergogna, vergogna!”, urlavano a squarciagola da una parte, mentre dall’altra ragazzine eccitate lanciavano baci e si facevano fotografare insieme al regale rampollo e altri ancora lo sfioravano e lo baciavano (tra questi un anziano monarchico) come una divinità sbucata miracolosamente dal nulla.
I vertici della Rai parlano di “trasparenza” anche di fronte alla notizia che il televoto è gestito da un’azienda del gruppo che realizza “X Factor”, dalle cui officine escono sia Mengoni che il vincitore dei giovani, Tony Maiello. Si tratta della NeoNetwork, ed è stata inglobata dalla Magnolia, la società che realizza il talent show di Rai2 nonché “L’isola dei famosi”. Altro che conflitto d’interessi: come la storia dello spot dei “I raccomandati”, la trasmissione con Pupo e il Principe, mandato in onda durante il festival in barba ad ogni par condicio canora, sbeffeggiata anche dalla abnorme esibizione del regale trio, ieri l’altro, insieme al ct Lippi, con sproloquio vietato dal regolamento annesso. “E’ un’icona, per questo l’ho fatto parlare”, ammette il direttore artistico Mazzi, ignorando forse che le icone nazionali dovrebbero essere le prime a rispettare le regole. Che malmostosi che siamo: le favole non hanno regole. Il re lo sa bene.
Le preferenze degli orchestrali La scena dei musicisti dell'orchestra che appallottolano gli spartiti («roba da osteria» per il capostruttura Antonio Azzalini) e li lanciano sul palco per protestare contro l'esclusione di Malika Ayane dai tre finalisti rimarrà nella storia del Festival. Mai come quest'anno l'orchestra è stata protagonista a Sanremo e non soltanto perchè chiamata a esprimere quel 50% del voto che non è servito a frenare l'onda d'urto del televoto, inevitabilmente indirizzato a favore di personaggi ad alta popolarità televisiva, come Valerio Scanu, Pupo, Emanuele Filiberto e Marco Mengoni.
Azzalini ha rivelato che l'orchestra aveva assegnato il voto più alto a Simone Cristicchi, mentre il direttore artistico Gianmarco Mazzi ha aggiunto che, com'era facile dedurre dal lancio degli spartiti, anche Malika Ayane ha avuto un giudizio «simile a quello assegnatole dalla critica». Merito anche del direttore Marco Sabiu, che ha saputo uscire dal suo classico ruolo per diventare una divertente spalla di Antonella Clerici. «La protesta è stata spontanea e vista la situazione mi è sembrato giusto dire in diretta che i musicisti stavano esprimendo in modo palese il loro dissenso», racconta Sabiu. «Così come mi è sembrato giusto raccogliere l'invito del direttore di Raiuno Mauro Mazza a invitarli a smettere, perchè avrebbero rischiato di surriscaldare ulteriormente gli animi dentro l'Ariston dove la temperatura era già abbastanza calda».
«È stato un grande momento di show, gli orchestrali hanno espresso la loro opinione in modo anche veemente, forte», ha commentato oggi la Clerici. Il podio ideale di Sabiu è formato da «Morgan, Malika Ayane ed Enrico Ruggeri. Mi è dispiaciuto molto dell'esclusione di Morgan, il suo pezzo era insolito, originale, con una bellissima orchestrazione», sottolinea. Al folto crinuto direttore d'orchestra non è dispiaciuto "Italia amore mio", il pezzo di Pupo-Emanuele Filiberto-Luca Canonici che ha scatenato feroci contestazioni e l'entusiasmo dei televotanti, che l'hanno portato a un passo dalla vittoria. «È una canzone tradizionale ma non è male, c'è una linea melodica e un bell'arrangiamento firmato da Renato Serio».
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