La Mostra di Venezia celebra l’horror italiano
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Il documentario “Boia, maschere e segreti: l’horror italiano negli anni sessanta”, diretto da Steve Della Casa, presentato al Lido nella Selezione Ufficiale, ha il merito di riportare alla luce un filone cinematografico molto prolifico negli anni d’oro del cinema italiano, che prendeva spunto dalla letteratura gotica. Pellicole all’epoca della loro realizzazione catalogate come “b-movie” ed oggi considerate dei veri e propri “cult” dai cinefili più esigenti.
Mario Bava, Riccardo Freda e Camillo Mastrocinque sono tra gli autori più significativi cui si deve un genere che ha portato il cinema italiano quasi a competere con quello americano, supplendo alla scarsità di mezzi con la professionalità e la fantasia creativa. Prodotti artigianali realizzati in modo sapiente, in grado di calamitare nelle sale cinematografiche un gran numero di spettatori, spesso ingannati da pseudonimi stranieri attribuiti nei crediti ai realizzatori, per conferire una parvenza di internazionalità. Una cinematografia in piena espansione, assetata di metaforico sangue, come i vampiri che ne erano protagonisti, e nella quale l’immagine diventa protagonista, prima ancora dei personaggi. Tra gli altri ne parlano, nel documentario di Della Casa, tre grandi nomi della critica francese come Fréderic Bonnaud, Jean Gili e Jean-François Rauger, oltre che i successivi nostri “maestri della paura" Pupi Avati e Dario Argento.
Una fotografia molto “tagliata” con sapiente contrasto tra luci e ombre, zoom spericolati, prospettive impossibili, effetti grand guiugnol e sesso, tanto sesso: questa la ricetta base, cui aggiungere di volta in volta ulteriori ingredienti peculiari. C’è da sottolineare infatti che, con l’alibi delle atmosfere fantastiche, surreali e oniriche, quei film consentivano ai rispettivi registi la libertà di mostrare nudità, accenni all’omosessualità e a perversioni come necrofilia e sadomasochismo. A tal proposito, spesso venivano addirittura confezionati due master differenti: uno, più castigato, per il mercato italiano e un altro, decisamente più spinto, per il resto del mondo. “Boia, maschere e segreti” analizza il genere horror focalizzando la sua attenzione negli anni sessanta, considerando che dal 1968 in poi il giallo italiano cambierà completamente formula, ancorandosi alla contemporaneità e a un maggiore realismo. Quelle opere restano comunque pietre miliari della nostra cinematografia. Lo stesso Argento arriva a confessare di essersi ispirato per il suo primo film “L’uccello dalle piume di cristallo”, per le atmosfere e per alcuni effetti visivi, a “Sei donne per l’assassino” di Mario Bava. Il lavoro di Steve Della Casa, oltre a stimolare riflessioni sociologiche, culturali e di costume, e a suggerire delle considerazioni su come sia cambiato il sistema produttivo e distributivo della “settima arte”, ha il merito di rievocare le figure fondamentali di attori come l’affascinante Barbara Steele e gli inquietanti Boris Karloff e Christopher Lee, icone assolute, passate alla storia del terrore cinematografico. Produce Augustus Color e distribuisce Compass Film.